venerdì 19 Aprile 2024
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La voce del ventre della città

LA CITTA’ NASCOSTA

La voce del ventre della città

 

Fioriscono le scritte sui muri, ragazzi che lasciano un segno, dei segni della loro presenza. Siamo alla scuola di un nuovo alfabeto, fatto di codici muti, che a un cinquantacinquenne, nell’immediato, dicono poco o nulla. Vorrei fare un viaggio, con lo spirito di un linguista che cerca la chiave di accesso a questi nuovi codici. Potrei studiare tanto e arrivare alla comprensione di quelle brevi frasi, di sigle sconosciute, di caratteri penetrabili solo a fatica. Oppure fare un viaggio con una guida, un traduttore, che mi svelasse il segreto di quelle grida stampate su quegli spazi lasciati liberi in questa città.

Mi domando se quelle scritte sono solo il segno di un tempo occupato senza uno scopo o se rappresentano un tentativo di dialogo, una voce lanciata a persone re-sponsabili, che facciano cioè da sponda, da rimando, da eco, a queste voci gridate senza incrociare lo sguardo di nessuno. A me interessa che la ricchezza del bene comune non venga infangata, deturpata e soprattutto ignorata, perciò queste scritte che troviamo in città non mi piacciono e credo che chi le ha fatte debba essere obbligato a ripristinare ciò che ha ricevuto nelle stesse originarie condizioni. Ma dopo un’azione ovvia di giustizia il problema della comunicazione tra generazioni resta tutto lì, con la sua muta pesantezza. E il bene comune non è rappresentato solo dal teatro in cui si muove la compagnia cittadina, ma dalla qualità delle relazioni che si sviluppano sulla scena pubblica. E se i personaggi parlano lingue diverse senza tentare di capirsi non resta che osservare una casuale, muta contiguità di solitudini. La legge sarà solo la cornice dove muoversi e non il contenuto del dialogo. La qualità delle relazioni ha la sua origine innanzitutto nel desiderio di cercarle e, una volta avviate, nel coltivarle nella quotidiana esistenza.

Ma, chi deve cominciare? Chi deve porgere l’orecchio per intercettare quei suoni così misteriosi, quelle grida, quelle presenze apparentemente mute? Il gelo dell’assenza di comunicazione tocca ogni età, così come ad ogni età c’è qualcuno che si oppone a questo deserto di relazioni e comincia a creare una rete significativa che orienta, dà un senso, allo stesso tempo una direzione e un significato. Bisogna dire che spontaneamente gli occhi di tutti dovrebbero rivolgersi a chi ha il compito e la responsabilità di orientare, con le sue scelte, il bene comune della polis. Purtroppo questa relazione si è interrotta perché da parte di molti che hanno ricevuto il mandato di governare pare sfumato l’interesse all’ascolto. In queste condizioni ogni scelta parte zoppa perché non può contare sul sostegno di chi dalle scelte viene escluso. Il laboratorio delle idee soffre di una chiusura sempre più netta, impoverendosi di quelle parole che non vengono cercate. Questo è l’incrocio decisivo dove si possono incontrare le scelte e le attese. Gli amministratori, pubblici e privati, che hanno responsabilità sociale, quelli cioè che con le loro scelte regolano in qualche modo la vita degli altri, dovrebbero diventare cercatori di parole e di chi le pronuncia, perché la musica migliore di una città è quella cantata in coro.

 

Marcello Campomori

Associazione GROSSETO AL CENTRO

 

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